Serata aristocratica al Gruppo Alpini di Povegliano, promossa dalla Capit e dalla Fondazione Levi Pelloni, nel racconto di Adalberto Scemma
Un accostamento fuori copione soltanto per chi non può fare a meno di agganciare le proprie scelte alla consuetudine. Accade dunque che Pino Pelloni, scrittore dalla vena letteraria aristocratica, scelga la sede del Gruppo Alpini di Povegliano Veronese per presentare un libro che al di là di un titolo ammiccante (Peccati di gola, Èthoslab editore) viaggia su cadenze espressive di raffinata cultura. Che c’entrano gli alpini di Povegliano con la cultura, dunque? Domanda consuetudinaria con risposta (esaustiva) incorporata: c’entrano eccome! Perché quello degli alpini è un popolo colto, soprattutto se per cultura intendiamo la disponibilità ad approfondire la conoscenza della realtà che ci circonda, nell’accezione più rigorosa del termine. C’è tutta una storia, che gli alpini possono esibire, a garantire la più esaustiva delle conferme. Guai a confondere, per farla breve, la cultura con l’erudizione.
Maestro di cerimonia, come da tempo accade a Povegliano, l’ineffabile Luciano Tedeschi, socio attivo del Panathlon Gianni Brera-Università di Verona che ha patrocinato l’evento. Proprio Tedeschi, intramontabile bracconiere di storie, aveva ispirato una quarantina di anni fa un’iniziativa ormai consegnata agli annali (“La ricchezza della cucina povera”) che aveva preso il via proprio a Povegliano per toccare poi, con la collaborazione de “L’Arena”, tutti i paesi della provincia di Verona. Ma al fianco di Tedeschi, nelle vesti di sapiente Richelieu della cucina tradizionale, ecco Giorgio Cazzador, presidente tuttofare del Gruppo Alpini, origini trentino-iberiche da indagare, convinto assertore di un incontro, quello con Pino Pelloni, in linea con la tradizione (curiosità sempre accesa!) delle penne nere.
L’intervento di Pino, incantevole affabulatore, ha tenuto agganciata l’attenzione grazie a una “scaletta” che ha privilegiato la storiografia popolare della cucina, ciò che una volta, parafrasando il critico letterario Carlo Bo, si sarebbe chiamata scienza e storia della civiltà. “Peccati di gola- Copule e crapule, storie e leggende”, glorifica il mangiar bene, racconta il cibo e i piaceri ad esso connessi, spaziando tra notizie storiche e aneddotica, improbabili ricette afrodisiache e indagando l’intrigante rapporto tra gola e lussuria.
Letteratura e storia dell’arte, filosofia del gusto e religione, ricettari di cucina come storia delle genti, sono i saporiti ingredienti di un racconto assai gustoso e ricco di curiosità. I sapori, i modi di stare a tavola, le diverse forme “dietetiche”, le bizzarrie dei golosi, costituiscono un linguaggio, un sistema di segni che caratterizza e identifica etnie e gerarchie sociali.
Nel libro c’è anche una gran carrellata di personaggi, di luoghi e di ricette divertenti. Ricche di fantasia e con le quali vale la pena confrontarsi in cucina per avere poi la soddisfazione di goderle in intimità, assaporando sapori nuovi e pensando agli afrodisiaci, per dirla con Isabel Allende, come il ponte tra Gola e Lussuria. E non solo. Se per Tommaso d’Aquino la cucina è “l’arte prima, perché nutre i mortali”, Pino Pelloni sostiene che risponde anche a quel bisogno di bello e di buono che è in ciascuno di noi e fa sua l’affermazione di Brillat-Savarin, il famoso gastronomo vissuto al tempo di Napoleone: “il Signore ha voluto colpire la creatura umana con la fame e premiarla con l’appetito”.
I capitoli del libro: Cibo ed eros, I piatti di Afrodite, Ostriche & Tartufi, L’Italia a tavola, Ricette d’Autore, In vino veritas, e altre diavolerie, Ipse dixit, Appendice, Bibliografia. Corredano il libro un saggio del professor Luca Clerici e Il Manifesto della Cucina futurista di Marinetti-Fillia.