Luciana Ascarelli e Pino Pelloni hanno accompagnato gli amici della Fondazione alla scoperta della storia e delle tradizioni della antica comunità ebraica triestina in occasione del “In viaggio con la Storia” nei giorni 25, 26, 27 e 28 marzo 2019. Ospiti nella Sinagoga di via San Francesco, annoverata fra le più grandi e maestose d’Europa, e uno degli edifici simbolo della Trieste multireligiosa, hanno partecipato alla “lezione di storia” dell’Assessore alla Cultura e Consigliere Ucei Mauro Tabor.
La monumentale Sinagoga, progettata dagli architetti Ruggero e Arduino Berlam venne inaugurata nel 1912, e sta a rappresentare l’influenza raggiunta dalla Comunità ebraica nella vita economica e culturale della città agli inizi del ‘900. I Berlam riuscirono a superare brillantemente le difficoltà della configurazione del terreno creando un edificio a pianta rettangolare sormontato da una cupola principale, tre semicupole e da una torre a base rettangolare. È importante sottolineare come la sinagoga triestina differisca dalle soluzioni adottate per la costruzione delle sinagoghe del centro Europa e costituisce uno dei rari casi di mediazione tra il modello di impianto basilicale e il suo adattamento al culto e al cerimoniale ebraico. La straordinaria complessità del cantiere e le innovazioni tecniche introdotte nel corso della costruzione fanno del tempio triestino uno degli esempi tra i più rilevanti nella storia della tecnica edilizia italiana degli inizi del Novecento.
Il Tempio rimpiazzò le Schole che dalla metà del Settecento avevano risposto alle necessità di culto degli ebrei triestini e diede risposta alle esigenze di una Comunità sempre più fiorente. A Trieste, l’esigenza di costruire una nuova sinagoga più ampia e imponente fu sentita in particolare intorno al 1860, quando ci si accorse che la “Scuola Piccola” (costruita nel 1748 in via delle Beccherie), la “Scuola Grande” (costruita nel 1797 in piazza Piccola) e la “Scuola Vivante” (costruita nel 1805 in via del Monte) non rispondevano più alle nuove esigenze della numerosa e ricca comunità ebraica triestina.
Per dimensione e per struttura il Tempio, per la cui realizzazione fu lanciato un concorso d’idee internazionale nel 1903, si articola in tre navate che culminano nella maestosa abside dalla volta a mosaico dorato. L’intera sala è orientata verso un monumentale aròn dalle porte di rame dorato sormontato da un’edicola in granito rosa che con quattro colonne sorregge le tavole della legge. A incorniciarlo, due grandi menoròt che poggiano su una balaustra in marmo che riporta i covoni di spighe simbolo della Comunità di Trieste. Sull’aròn si affaccia, dai tre lati, la bella balconata del matroneo. Nel matroneo sopra il portale d’ingresso si trova, in una galleria all’interno di una volta a botte, un grande organo dalle canne ornate da stelle di David.
Durante la seconda guerra mondiale la Sinagoga venne devastata e adibita dagli occupanti nazisti a deposito di libri e opere d’arte. Gli argenti rituali della Comunità si salvarono però dalla razzia grazie a un ingegnoso nascondiglio. All’esterno l’edificio presenta tre facciate, su via Donizetti, via San Francesco e sulla via Zanetti: propongono una serie di fregi e di ornamenti che si ripetono. Su tutte spicca il caratteristico rosone che dà luce agli interni. L’ingresso principale si trova in via Donizetti, dove il grande portale è sormontato da una torre. Nel complesso di via San Francesco si trovano anche gli uffici della Comunità, la biblioteca, l’archivio storico e il mikveh (bagno rituale).
Gli ebrei di Trieste
Trieste, città di confine, sbocco sul mare dell’Impero asburgico e poi di quello austro-ungarico, crocevia di culture, di lingue, di religioni, passaggio di popoli, è stata sempre una terra di scambi tra Mitteleuropa e Mediterraneo.
Gli ebrei vi arrivarono da mare e da terra: le prime notizie certe risalgono al 1236, e già nel 1300, dopo l’annessione di Trieste all’Austria, si ha notizia di ebrei che vi aprirono dei banchi di prestito. Nel 1696, oltre un secolo dopo Venezia e Roma, un decreto imperiale istituì il ghetto nel quartiere Riborgo, alle spalle della Borsa: via delle Beccherie, piazzetta e via delle Scuole ebraiche, contrada del Volto e contrada Stretta.
Il ghetto fu in gran parte demolito negli anni’30. Oggi nei vicoli ancora esistenti si restaurano palazzi e, accanto alle vecchie botteghe di antiquari e rigattieri, nascono locali e nuove attività. Nonostante l’isitituzione del ghetto, la vita degli ebrei triestini fu decisamente più facile che altrove. Nel 1719 l’Imperatore Carlo VI proclamò Trieste “porto franco”: le agevolazioni negli scambi commerciali diedero un forte impulso alla città, attirando altre famiglie ebraiche. Molti arrivarono da Corfù: portavano dalla loro isola i cedri per la festa di Succoth, destinati alle comunità askenazite dell’Impero. I corfioti rimasero sempre molto legati alle proprie tradizioni, con una forte coesione di gruppo.
Nel 1771 Maria Teresa d’Austria, con la “Patente di Tolleranza”, concesse agli ebrei ulteriori privilegi; il successivo “Editto di Tolleranza” di Giuseppe II nel 1781-’82 fu il primo passo verso l’emancipazione: gli ebrei furono ammessi alle cariche di deputati alla Borsa, alle professioni liberali, alle scuole pubbliche e all’Università, ottennero la libertà di comprare e vendere immobili e di svolgere qualsiasi attività commerciale e finanziaria, finché, nel 1784, il ghetto fu abolito.
Nel corso dell’‘800 gli ebrei parteciparono alla crescita sia economica che culturale della città: i Morpurgo, i de Daninos, i Luzzatto, i de Parente e tanti altri furono banchieri e industriali, parteciparono alla fondazione di grandi compagnie di assicurazioni e di navigazione, crearono giornali e case editrici, entrando a far parte a pieno titolo della società, anche a costo di far affievolire la propria identità ebraica. Infatti in questo periodo sorgono a Trieste, grazie a personaggi della borghesia ebraica, il Lloyd austriaco e le Generali. Questo fino al 1938, quando, con l’avvento delle Leggi Razziali, finì l’illusione dell’uguaglianza. E si vissero persecuzuoni e deportazioni.
La vita della comunità ebraica di Trieste ruota oggi intorno a due poli: la grande sinagoga di Via Donizetti, dove sono anche gli uffici della Comunità, e Via del Monte, dove si trovano la Scuola ebraica e il Museo “Carlo e Vera Wagner”. Gli ebrei triestini dispongono inoltre di un centro estivo per bambini molto ben organizzato, ad Opicina, e di una Casa di Riposo per gli anziani.
La comunità conta circa settecento persone, negli anni ’30 erano oltre seimila.