Il riconoscimento che la Fondazione Giuseppe Levi Pelloni destina a storici europei impegnati nel lavoro di ricerca e di ricostruzione storiografica degli accadimenti che riguardano e hanno riguardato la storia del nostro Novecento, quest’anno è andato allo svedese Peter Englund. Segue nell’albo d’onore la francese Eliane Patriarca (2017), Lutz Klinkhammer (2018), l’inglese John Foot ( 2019) e il tedesco Hans-Ulrich Thamer (2021).
Ritirerà il premio, mercoledì 14 dicembre alla Sala Zuccari di Palazzo Grazioli-Senato della Repubbica, Ottavio Di Brizzi, Responsabile della Saggistica della Marsilio Editori.
Peter Englund è nato in Svezia nel 1957. Storico, giornalista e saggista ha fatto parte come segretario permanente, dal 1° giugno 2009 al 31 maggio 2015, dell’Accademia di Svezia che assegna il Premio Nobel per la Letteratura.
Nel 1993 ha ricevuto il premio August e nel 2002 il Premio Selma Lagerlöf per la letteratura. I suoi saggi riguardano soprattutto la storia, in particolar modo l’Impero svedese, ma anche altri eventi storici. Questi libri hanno riscontrato molta popolarità in Europa,specialmente in Germania e in Repubblica Ceca. Di grande interesse il suo ultimo libro pubblicato in Italia da Marsilio “La svolta”.
Se sul finire del 1942 tutto lasciava presagire la sconfitta degli Alleati, nell’arco di pochi giorni lo scenario cambiò. Il punto di svolta di uno dei conflitti più drammatici della storia viene raccontato da Peter Englund attraverso lettere, resoconti militari, poesie e frammenti di diario di personaggi anonimi e noti – da un’impiegata belga al comandante di un cacciatorpediniere giapponese al largo di Guadalcanal, da Albert Camus a una casalinga inglese, da Vasilij Grossman a un macchinista su un convoglio di navi nel Mar Glaciale Artico, dallo scrittore tedesco Ernst Jünger a Leona Woods, la fisica che lavorò con Enrico Fermi al Progetto Manhattan.
Lo scrittore-storico ha restituito in un magistrale mosaico formato da decine di frammenti narrativi, lettere e diari la polifonia di questa «sostanza umana» dimenticata che poi è il racconto della guerra fatto sempre di un magma complesso e vitale di storie sepolto sotto coltri di silenzio.